Boom di professioniste, ma il gender gap resiste.

In 15 anni +49% di donne nelle libere professioni, ma con redditi del 46% inferiori ai colleghi uomini.  Nonostante la crescita delle professioniste, il divario di reddito, settoriale e territoriale resta marcato.
Il Rapporto “Le priorità strategiche per la parità di genere nelle libere professioni”, elaborato dall’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, è stato presentato l’11 marzo durante l’evento “Parità di genere e differenziale retributivo. Le professioniste”, promosso dalla Confederazione.
Il report evidenzia che, negli ultimi 15 anni, la libera professione in Italia ha registrato una crescita significativa, trainata soprattutto dall’aumento delle professioniste. Dal 2009 al 2023, il numero complessivo di liberi professionisti è aumentato del 18,4% (+211.000 unità), con un incremento tra le donne del 49,0% (+157.500 unità), a fronte del 6,5% tra gli uomini. Attualmente, le donne rappresentano il 35,3% della categoria, rispetto al 28,0% del 2009.
Nonostante la crescita, in Italia persiste un significativo divario retributivo tra uomini e donne nelle libere professioni: il gap varia da 25.000 euro tra gli iscritti alle Casse private a 7.300 euro tra quelli della Gestione Separata Inps. Significative differenze di reddito emergono anche in relazione all’età. Il reddito di uomini e donne cresce fino ai 51-60 anni, per poi diminuire leggermente tra i 61-70 anni e calare più significativamente oltre i 70 anni. Il divario è più marcato nella fascia d’età tra i 51-60enni: il reddito femminile si ferma a 37.400 euro contro i 67.000 degli uomini.
I temi affrontati dall’Osservatorio si allineano alla Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, che definisce i valori di riferimento, le politiche da attuare e gli obiettivi da raggiungere per promuovere la parità di genere. Questo documento strategico è il frutto di un percorso ampio e partecipato e si articola in cinque priorità: Lavoro, Reddito, Competenze, Tempo e Potere, con obiettivi dettagliati e misurabili da raggiungere entro il 2026.
L’analisi territoriale
Dall’analisi del Rapporto dell’Osservatorio emerge come la presenza femminile vari dal 38-35% nel Centro-Nord al 32,2% nel Mezzogiorno. Le regioni con più professioniste sono Emilia-Romagna, Molise, Liguria e Lazio (oltre il 39%), mentre Calabria, Sardegna e Campania non superano il 30% Tuttavia, la crescita della componente femminile è stata più intensa nel Sud, riducendo lievemente il divario territoriale.
La distribuzione settoriale
Anche la distribuzione settoriale evidenzia forti differenze. Le donne sono maggiormente presenti in ambiti legati all’assistenza e ai servizi alla persona: nella “Sanità e assistenza sociale” rappresentano il 51,9% e nelle professioni legali il 43,1%. In settori come ingegneria, finanza, commercio e immobiliare, la loro quota scende tra il 22% e il 24%, segnalando una persistente segregazione professionale.
La Gestione Separata Inps
Un’analisi della Gestione Separata Inps conferma il trend di crescita delle donne nella libera professione. Tra il 2014 e il 2023, gli iscritti sono passati da 259.000 a 415.000, con le donne che oggi rappresentano quasi il 48% del totale. Tuttavia, pur crescendo più rapidamente, il reddito femminile resta inferiore: le professioniste hanno in media un reddito pari al 71% del reddito dei professionisti uomini.
Dipendenti vs professioniste
Il confronto con i lavoratori dipendenti offre ulteriori spunti di riflessione. Si riscontra nel mercato del lavoro italiano un forte gap retributivo di genere, ma il divario risulta ancora più accentuato tra i liberi professionisti rispetto ai lavoratori dipendenti. Per le professioniste iscritte alle Casse previdenziali, il reddito è inferiore del 10% rispetto alle dipendenti pubbliche, mentre per gli uomini la libera professione garantisce redditi più alti. Tra il 2018 e il 2023, sempre più giovani laureate scelgono il lavoro dipendente, probabilmente per maggiore stabilità economica e tutele.
Poche tutele
Ancor più eclatante il quadro che emerge dal sondaggio sulla genitorialità condotto dall’Osservatorio delle libere professioni, su un campione di circa 1.300 professionisti iscritti alla Gestione Professionisti di Ebipro. In un Paese fortemente condizionato dall’inverno demografico, il primo dato che balza all’occhio è che quattro professioniste su cinque vedono la maternità come un ostacolo alla loro carriera, non potendo godere delle politiche di conciliazione vita e lavoro e delle tutele alla genitorialità previste per le lavoratrici dipendenti. Anche per questo motivo, un numero crescente di donne che operano nell’ambito delle professioni legali, sanitarie, economiche e tecniche tende ad avere il primo figlio oltre i 30 anni, un dato che coincide con le statistiche italiane del 2023.
La ricerca completa è disponibile al seguente link: https://bit.ly/4bJcB46